Il Manifesto degli Intellettuali Fascisti

di Francesco Buonincontri

Il "Manifesto degli Intellettuali Fascisti", pubblicato il 21 aprile 1925 su tutti i principali quotidiani italiani, fu il primo documento ideologico programmatico stilato dagli intellettuali italiani aderenti al regime fascista.

Il documento venne redatto da Giovanni Gentile, cofondatore dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e al tempo ministro dell'istruzione, e fu pubblicato in anteprima ne "Il Popolo d'Italia", importante quotidiano politico italiano fondato da Benito Mussolini nel 1914. Fu sottoscritto dagli intellettuali convenuti al primo Convegno degli Istituti fascisti di cultura, organizzato a Bologna il 19 e 20 Marzo da Franco Ciarlantini, responsabile dell'Ufficio stampa e propaganda del Partito nazionale fascista.

Con che obiettivo il regime decise di pubblicare tale documento? Con l'uscita di questo manifesto si tentò di ottenere il più ampio consenso possibile utilizzando in modo propagandistico gli intellettuali di rilievo. La segreteria del convegno comunicò alla stampa l'adesione di ben duecentocinquanta intellettuali, tra i quali Gabriele D'Annunzio, Giuseppe Ungaretti, Tommaso Marinetti e Luigi Pirandello.

Il Manifesto, infatti, costituisce, da un lato, un tentativo di indicare le basi politico-culturali dell'ideologia fascista e, dall'altro, di giustificare tutti gli atteggiamenti oppressivi del movimento e il modo di imporsi nella scena politica nel segno della violenza e dello squadrismo.

Come è strutturato il manifesto? Il Manifesto è organizzato in modo puntuale e affronta una per una le critiche che erano state mosse al Fascismo. Contiene una storia del fascismo dal 1919 al 1922, in cui si paragona lo squadrismo contemporaneo alla Giovine Italia di Mazzini, si sostiene che il fascismo sia un movimento mirato al progresso e alla conciliazione fra stato e sindacati e si cerca di dimostrare la futilità delle associazioni antifasciste, poichè fra le due opposizioni nessuna avrebbe avuto la meglio, ma l'instabilità politica avrebbe logorato i partiti esistenti e dato origine a nuove idee, nuovi programmi e partiti politici.

Dal documento emerge una precisa idea di stato fascista? Certamente. Sin dalle prime righe si procede a una proclamazione dell'idea di Stato, visto come entità sublime e superiore da servire con obbedienza e rigore militare. L'italiano è chiamato persino a sacrificarsi per la Patria secondo una perfetta ideologia militarista che pone il successo nazionale davanti ai diritti del cittadino.

"L'individuo contro lo Stato; espressione tipica dell'aspetto politico della corruttela degli anni insofferenti di ogni superiore norma di vita umana che vigorosamente regga e contenga i sentimenti e i pensieri dei singoli. Il Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale. La politica sentì e propugnò come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto; idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi(...) si fa personalità consapevole di un fine da attuare, tradizione perciò e missione."

Di seguito il governo fascista mostra quindi in che modo si debba procedere, eliminando in modo ineluttabile quelle libertà nocive allo Stato, quali la libertà di stampa, espressione o il suffragio universale, che creano disordine e paralizzano i processi giuridici.

Infine vi è la dichiarazione di esplicita intolleranza verso i sindacati e stampa, espressioni più evidenti della democrazia.

È evidente che ci troviamo davanti a una vera e propria religione dello Stato che vede nel Duce, Benito Mussolini, una sorta di sommo sacerdote plenipotenziario e portavoce dell'unico principio politico possibile, che tende a eliminare o inglobare ogni altra opposizione nel suo totalitarismo.

"Questa piccola opposizione al Fascismo, formata dai detriti del vecchio politicantismo italiano (democratico, reazionalistico, radicale, massonico) è irriducibile e dovrà finire a grado a grado per interno logorio e inazione, restando sempre al margine delle forze politiche effettivamente operanti nella nuova Italia. E ciò perché essa non ha propriamente un principio opposto ma soltanto inferiore al principio del Fascismo(...) Di due principi uno inferiore e l'altro superiore, uno parziale e l'altro totale, il primo deve necessariamente soccombere perché esso è contenuto nel secondo, e il motivo della sua opposizione è semplicemente negativo, campato nel vuoto."

La guerra trova spazio all'interno di questo inno allo squadrismo e all'aggressività politica? Assolutamente sì. Nel finale viene prospettata una nuova guerra per vendicare la "vittoria mutilata" della prima Guerra mondiale e per dare così sfogo alla vocazione militarista del movimento (nato, si ricordi, in buona parte dai reduci della prima guerra mondiale: "Le sue origini prossime risalgono al 1919, quando intorno a Benito Mussolini si raccolse un manipolo di uomini reduci dalle trincee e risoluti a combattere energicamente la politica demosocialista allora imperante").

Prima hai citato grandissimi esponenti della letteratura italiana novecentesca. Che rapporto ha ognuno di loro con il regime? Per quanto riguarda Gabriele D'Annunzio, risulta ovvio che lo squadrismo e nazionalismo Mussoliniano trovassero il suo supporto. Già ai tempi de Il Piacere aveva espresso la sua opinione su " Il Grigio Diluvio Democratico" ed a seguito esposto la sua dottrina superomistica ripresa da Nietzsche, per cui solo pochi uomini eletti sono in grado di vivere a pieno la forza vitale e desiderio di potere che ogni essere umano inconsciamente possiede , senza farsi legare dalla società e la morale.

Marinetti fa di D'Annunzio il principale modello da seguire per il suo Manifesto del Futurismo. L'uomo deve essere aggressivo in politica, filobellicista e assoluto dominatore della nuova tecnologia.

Nel 1919, il 23 marzo, con altri futuristi, partecipa a Milano alla riunione di piazza San Sepolcro, in cui sono fondati i Fasci di Combattimento, capeggiati da Mussolini.

Egli è dalla parte di Mussolini, come quasi tutti i futuristi risparmiati dalla guerra. Ma ha della rivoluzione un concetto radicale, ben diverso da quello pragmatico di Mussolini.

Uscito dalla politica, Marinetti si dedica alla diffusione del Futurismo in Italia e all'estero. Si tiene lontano da ogni carica di partito o di governo durante il regime fascista, ma resta un ascoltato amico di Mussolini, che è ben consapevole del prestigio internazionale goduto dal fondatore del Futurismo e lo vuole membro dell'Accademia d'Italia, appena inaugurata nel 1929: l'anno in cui il poeta avvia la stagione dell'aeropittura futurista.

Infine, penso sia interessante parlare di Pirandello,che chiese l'iscrizione al Partito Fascista il 17 settembre 1924. L'adesione, che Pirandello volle pubblica e solenne fu certo per sostenere, con il proprio prestigio, un Mussolini in difficoltà, che aveva avuto l'astuzia di gratificare lo scrittore "convocandolo" più volte nel suo studio e sfruttarne la fama mondiale, lusingandone le speranze di aiuto per i suoi progetti d'Arte, tra cui il Teatro di Stato.


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