Manifesto degli Intellettuali Antifascisti

Scansione di un quotidiano riportante la risposta antifascista.
Scansione di un quotidiano riportante la risposta antifascista.

Alcuni volti antifascisti:

Il primo maggio 1925, in occasione della festa dei lavoratori, la redazione del quotidiano "Il Mondo" tira il numero contenente il "Manifesto degli intellettuali antifascisti". Casus belli: la pubblicazione del quasi-omonimo "Manifesto degli intellettuali fascisti" il 21 aprile dello stesso anno. La nascita dei due documenti è il culmine del distacco filosofico-politico dei due intellettuali che ne hanno vantato la paternità, rispettivamente Benedetto Croce e Giovanni Gentile, i quali avevano trovato un incontro-scontro artistico nell'esperienza vociana.

"Caro Croce, avete letto il Manifesto fascista agli intellettuali stranieri? [...] Che ne pensate voi? Sareste disposto a firmare un documento di risposta che potrebbe avere la vostra approvazione? E, in caso, vi sentirete di scriverlo voi? " 

così scrive il giornalista e politico Giovanni Amendola a Croce, che raccoglie subito la proposta: quattro giorni dopo è recuperato il guanto di sfida che i gentiliani, non previdenti, avevano gettato sui principali giornali.


Perchè anti-fascismo? L'opposizione si snoda sul punto critico del ruolo dell'intellettuale. Il fascista di cultura è legato alla sua ideologia, è completamente assorbito dall'ombra totalizzante dello Stato, la quale incombe pretendendo di spingerlo verso la pienezza dello Spirito (Gentile, come Croce, inizia seguendo la scia hegeliana). Invece, il filosofo, l'artista, lo scienziato non-fascista rifiuta la contaminazione forzata della politica, la macchia che questa crea sul candore del progresso culturale. Deve, quindi, sottrarsi alla militanza che gli viene imposta dalla società e legare la sua integrità esclusivamente alla Libertà, con l'intenzione di innalzare parimenti tutti gli uomini e tutti i partiti alla più alta sfera spirituale, affinchè, con effetti sempre più benefici, combattano le lotte necessarie. Difatti, Croce è la coscienza morale dell'antifascismo italiano, principale codificatore dello "Stato etico", è per il dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio; scrive in "Storia d'Italia" che bisogna ottenere la distinzione cristiana e kantiana dello stato come severa necessità pratica, vedere l'organizzazione politica come un mero momento del tutto e non il suo epilogo. L'intellettuale deve abdicare alla corona politica ed estraniarsi dalla dimensione storica per immergersi in quella esistenziale; questa posizione verrà ripresa dalla corrente ermetica, di cui molti esponenti (e/o maestri esterni, come Ungaretti) firmeranno il Manifesto antifascista.

Inoltre, sebbene molti fascisti ed antifascisti condividano una filosofia razionalista (altri, come il secondo montale, al contrario la criticano; vedi Primavera Hitleriana da La Bufera ed altro), la posizione riguardo all'attivismo è differente. Mussolini ed i suoi seguaci affermarono ripetutamente il primato dell'azione sul pensiero: perfettamente in linea con l'asservimento politico dell'intellettuale, mentre la controparte sottolinea la separazione dei ruoli tra le faccende spirituali e quelle diplomatiche.

Quindi, si può parlare dell'antifascismo come una filosofia-in-negativo, nel senso che sua principale posizione è il negare quell'imparaticcio scolaresco che è la cultura di regime. Peraltro, quest'ultima ruota attorno dei cardini incorretti e gonfiati, un artificio retorico che finisce nell abuso della parola, soprattutto quella religiosa.

E' da notare come anche Mussolini ed i suoi seguaci si posero inizialmente come strumenti di una controriforma, come un "anti-partito" che avesse potuto sfidare la canonica democrazia liberale.

Qual è il ruolo della Libertà? Come dice Ludovico Geymonat nel saggio del 1988 "La Libertà", non esiste governo che non dica di amare la Libertà. Ovviamente, l'interpretazione è molto, per riprendere i termini, "libera". Gli antifascisti vedevano questo valore come la lanterna che avrebbe illuminato il loro cammino: l'intellettuale ne è la falena e non segue nessun altro sole. Geymonat continua individuando varie manifestazioni della Libertà, tra cui di pensiero e di fantasia, esattamente quelle che la limitazione della stampa aveva sacrificato durante il ventennio. Ma Gentile, teorico ufficioso del fascismo, varie volte cantò in onore di Lei, scrisse in "Che cos'è il Fascismo" nel 1925 che colui che può vantarsene amante sente pulsare nel proprio cuore l'interesse superiore della comunità e la volontà sovrana dello Stato.


Si può parlare di strumentalizzazione della religione? Il regime fascista ha sicuramente utilizzato la lealtà religiosa degli italiani per inserirsi nella spiritualità collettiva. Gentile, in "Guerra e Fede" del 1956 scrive che la legge ha un che di assoluto, di divino. Anche il manifesto di maggio riprende questi toni denunciando quello di aprile come un'assai inutile facezia. Gli antifascisti rimproverano ai fascisti di fomentare una guerra di religione alimentata con odio e rancore che ardono, ora come non mai, tra italiani ed italiani. Se gli ultimi credono in un'escogitazione artificiosa e astratta, un invasamento di cervello, i primi tengono nel cuore la fede nelle immagini degli uomini del Risorgimento, composta di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale [...], forza e garanzia di ogni avanzamento.


Questo ha portato ripercussioni nei rapporti sociali/umani? Dice Croce che il sospetto e l'animosità hanno fatto precipitare l'Italia in una condizione di bellum omnium contra omnes. La caotica ed inafferrabile religione del ventennio ha deteriorato i rapporti umani, ponendo gli uni contro gli altri soprattutto i giovani, quegli stessi giovani che avevano combattuto uniti per due secoli e mezzo preparando l'unità risorgimentale. In effetti, storicamente parlando gli anni venti del secolo scorso furono dominati dal fenomeno della delazione, intensificatasi dopo le leggi per la fascistizzazione dei mezzi di comunicazione di massa del 1925.


E come viene riflesso nella letteratura? Se alla fine dell'Ottocento la letteratura civile aveva concimato tutta europa, all'inizio del novecento incontra l'orrore della storia, e deve decidere se raggirare l'ostacolo (letteratura d'evasione), oppure arrestarsi davanti ad esso (letteratura propagandistica). Nel primo caso propone all'individuo un mondo alternativo in cui alienarsi nel momento in cui non si riconosce nella realtà concreta, di perdersi nel ricordo ermetico della pelle candida dell'amata come M. Luzi in "Avorio", o nel vento profondo di Tindari come Quasimodo in "Vento a Tindari". Purtroppo, il tentativo di staccarsi dalla storia si rivela vano, questa entra violenta nella poetica novecentista e porta dissenso satirico (raccolta "Satura" di Montale) o morte ("Milano, agosto 1943" di Quasimodo).


In cosa consiste la risposta alla critica sulla base sociale? Capendo l'importanza di un'ampia base sociale, il fascismo si vuol porre come voce del "Popolo d'Italia (cfr. quotidiano fondato da Mussolini nel 1914) e critica al liberalismo passato la mancanza di supporto, lo rimprovera di aver giocato solo con la minoranza. Ecco il destro che tira Croce: l'indifferenza della maggioranza è qualcosa che la democrazia risorgimentale ha con zelo cercato di risolvere chiamando sempre maggior numero d'italiani alla vita pubblica; porta l'esempio dell'allargamento del suffragio del 1912, chiamato a prescindere dalle ripercussioni politiche che avrebbe potuto avere.


Il Manifesto è l'unica espressione dell'antifascismo? Assolutamente no. Il movimento ha avuto intensa risonanza, dura tutt'oggi come ideologia filosofica, ma è spesso vittima di fraintendimento e strumentalizzazione politica. Nel giugno del 2020 l'allora presidente U.S.A. Donald Trump "tweetta" (con un post sul social media Twitter) la miccia che accenderà l'hashtag #AntifaTerrorist su tutti i social media, mettendo al bando Antifa come organizzazione terroristica, con l'appoggio di alcuni leader di partiti italiani. Ernesto Rossi, apostata mussoliniano, ne avrebbe di sicuro fatto la prima pagina nel bollettino "Quarto Stato"- famoso ma ostracizzato sfogo dell'opposizione al regime fascista su base rivoluzionaria. In realtà, essendo, come già detto, un movimento eterogeneo in negativo, non fu mai propriamente organizzato. Solo nel 1927 la piccola concentrazione antifascista di Carlo Rosselli fece un azzardato tentativo da Parigi.



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